Ieri abbiamo partecipato, con la nostra memoria e i nostri argomenti, ad un alto momento di democrazia. Il referendum ha riacquistato la sua forza originaria, quella voluta dai nostri Costituenti, è uscito dal cul de sac dei tecnicismi e dei limiti giurisprudenziali, in cui era stato condotto a partire dei primi anni del 2000. La Corte costituzionale, dietro istanza di circa un milione e mezzo di cittadini, pronti a divenire 30 milioni per dire no a quel processo di privatizzazione selvaggio voluto dal decreto Ronchi, ha dichiarato ammissibile il referendum promosso dai comitati contro il saccheggio dei beni comuni e la dismissione della proprietà pubblica. Ha dichiarato ammissibile il quesito che espunge il profitto dalla gestione del servizio idrico. Insomma uno stop a quel progetto affaristico e letale di contaminazione pubblico-privato che già aveva interessato le varie mafie locali (passando dall’acqua, ai trasporti ai rifiuti), troppo spesso collettori di voti e consensi elettorali.
Il tema dei beni comuni è entrato per la prima volta nel dibattito processuale dinanzi alla Corte, agganciato al tema dei servizi pubblici ed alla tutela dei diritti fondamentali: si è aperta dunque nel nostro Paese una nuova stagione di democrazia. I cittadini si sono riappropriati del diritto di esprimersi sui beni comuni, sui beni di loro appartenenza, su quei beni che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali, nonché al libero sviluppo della persona e sono informati al principio e alla salvaguardia intergenerazionale. Si è ridato significato e dignità all’art. 1 della Costituzione, ovvero al principio che assegna al popolo la sovranità, in una stagione di tragedia della democrazia rappresentativa.
Ripartire dunque dalla campagna referendaria, ma non soltanto per raggiungere il quorum di voti necessario per la validità del referendum, ma anche per dare inizio ad una grande battaglia per la difesa dei beni comuni. Ripartire dalla campagna referendaria per aprire una stagione di lotta sul tema dei diritti violati: lavoro, università, migranti, ambiente.
Il “popolo dell’acqua” che a questo punto potrà incidere sulle politiche pubbliche del nostro Paese, e che dovrà pretendere la moratoria di tutti i processi di privatizzazione in corso, dovrà dunque essere pronto a manifestare tutta la sua indignazione e voglia di partecipazione contro tutti i soprusi e le angherie sempre più espressione di una società feudale e post-moderna.
Da ieri c’è un nuovo soggetto politico con il quale il desolante sistema dei partiti parlamentare e extra-parlamentare dovrà finalmente fare i conti.
Alberto Lucarelli, Ugo Mattei
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